martedì 20 dicembre 2011

Natale ai fornelli

Sarà l’aria Natalizia ma sempre più spesso in questi giorni sento parlare di cibo. C’è chi passerà il Natale in famiglia, chi con gli amici, chi in montagna sulla neve, ma una cosa di sicuro faremo tutti: mangiare!!
E a proposito di cibo, non è solo una riscoperta natalizia, ma una vera e propria tendenza che sta monopolizzando riviste, reality e programmi TV, basta pensare ai vari Hell's Kitchen, Masterchef e ai tanti programmi dall’unico tema comune: i fornelli!
Cucinare è e rimane sicuramente una passione, ma sono sempre di più gli appassionati che cercano nuovi modi per trasformare questa antica passione in una professione, che permetta di coniugare tecnica e creatività, ma che abbia anche un ritorno economico interessante.
Alcune professioni che non sono certo nuove, ma godono senz’altro di rinnovato lustro, sono lo Chef e il Pasticcere. Anche il Critico Gastronomico come figura professionale esiste da un po’ ma non è certo prossima al tramonto. E poi ci sono le figure professionali nuove, di tendenza, quelle che potremmo definire le “Food-professioni” del futuro: il Food Shopper e il Food Stylist.
E se quest’ultima è forse fra le più creative, in quanto presuppone la capacità di far apparire al meglio il cibo per film e servizi fotografici, mettendo in campo delle vere e proprie opere d’arte fashion food, il Food Shopper ha lo stimolante compito di guidare e consigliare i clienti top in materia di food: dal vino all'olio, dal miele ai formaggi, con particolare attenzione alle squisitezze degne dei palati più sopraffini. 
Unica nota: solo per veri intenditori, astenersi perdigusto. 

lunedì 12 dicembre 2011

frasi da evitare a colloquio

Capita a volte di convocare candidati con curricula interessanti, che però al momento del colloquio si lasciano inavvertitamente scappare commenti o considerazioni davvero inopportune, che in molti casi rischiano di compromettere seriamente l’esito della selezione.
Vis—a-vis non esistono filtri e le gaffe sono in agguato. Career Builder.com ne ha raccolte alcune:
«Senza alcun dubbio la cosa più folle che mi è capitata aveva per protagonista un candidato che si era proposto per un ruolo di manager di primo livello. Sembrava perfetto sulla carta e così abbiamo fissato un colloquio telefonico per le 3 del pomeriggio. Ha risposto al telefono e quando mi sono presentata ha detto: "Resta in linea, sono al bar. Lasciami finire questo bicchierino ed esco". Una volta uscito mi ha detto: "Sai cosa? Sono un po' più ubriaco di quanto pensavo. Possiamo fissare un altro appuntamento?". Ovviamente non lo feci.»
Heather Lytle, senior partner, H&L Media Partners


«La più bizzarra esperienza che ho mai avuto coinvolgeva una candidata che si era offerta per un ruolo presso un mio cliente. Visto che aveva dichiarato di essere laureata, le era stato richiesto un attestato o una qualsiasi certificazione. Lei ci ha risposto che non poteva presentare la documentazione richiesta perché la sua identità era cambiata e quell'informazione era disponibile solo col suo nominativo precedente. Per ragioni di sicurezza, quindi, si rifiutò di portarci qualsiasi prova del titolo di studio, sia col nome che aveva in passato, sia con quello attualmente in uso. »
Cathleen Faerber, The Wellesley Group Inc.


«Alcuni anni fa intervistando una ragazza che si era proposta per un lavoro di segretaria avevo chiesto: "Che cos’è importante per te in un lavoro?" e la sua risposta fu: "Voglio lavorare vicino a casa".»
Bettina Seidman, coach di gestione della carriera, Seidbet Associates


« "Quando il tuo carico di lavoro è pesante e ti senti travolta, come gestisci lo stress?". "Corro in bagno e piango".»
Jessica Simko, Career Branding Guide


«Recentemente abbiamo chiesto a un candidato: "Che cosa sai su di noi?". Lui si è appoggiato alla sedia e ha risposto: "Non molto. Perché non mi aggiorni?". Non è stato assunto.»
John Kramb, Adams County Winery


«Il colloquio era per una posizione di assistente amministrativo con elevata visibilità. Chiaramente, stavamo cercando qualcuno che sapesse gestire con tatto le persone di alto calibro che sarebbero venute nel nostro ufficio. Ho aperto il colloquio con una domanda standard: "Che cosa ti attrae di più in questo lavoro?". Senza esitazione, la candidata ha replicato: "Mia madre pensa che sarebbe il lavoro perfetto per me"»
Bill Lampton, presidente, Championship Communication


«La risposta più shockante alla domanda "Se fossi un animale, quale vorresti essere e perché?" è stata la seguente: "Vorrei essere un gatto così potrei girellare tutto il giorno senza avere nulla da fare".»
Efrain Ayala, account executive, Walt Denny Inc., The Home Products Agency


«Stavo facendo un colloquio a una signora per un posto nella mia azienda. Pensavo che avesse una grande personalità e stavo pensando di assumerla. Alla fine del colloquio mi chiese se avrei potuto accompagnarla ogni giorno al lavoro con la mia auto e poi riportarla a casa a fine giornata. Mmmh, no.»
Janice Celeste, presidente e direttore, Celeste Studios Film & Video


«Un candidato arrivò in ritardo a un colloquio e in un modo non molto educato. "Arrivare fin qui è terribile. Sono felice di non doverlo fare ogni giorno".»
Sammie Samuella Becker, direttore di TigressPR

mercoledì 7 dicembre 2011

sogno e realtà











Imprenditoria oggi: sogno o realtà? Sicuramente sogno, magari il sogno di una vita, il momento in cui si sceglie di provare, di rischiare, di mettercela tutta per realizzare proprio quell’idea, quel sogno nel cassetto che ti portavi dietro da chissà quanto tempo. Ma anche realtà, la capacità e il coraggio di non lasciare che i propri sogni rimangano irrealizzati, i desideri sopiti, le emozioni interrotte. Mettersi in proprio e aprire un’azienda non è certo un gioco da ragazzi e presuppone mille valutazioni e un piano di azione ben preciso da perseguire, specialmente se pensiamo che solo nel 2009 sono sparite dal mercato italiano quasi 30mila imprese (dati Unioncamere) e che in Italia la mortalità aziendale nel primo anno era del 20% prima della crisi, mentre oggi questi valori sono più che raddoppiati a causa della difficile congiuntura economica.
Sicuramente la prima mossa quando si pensa di aprire un nuovo business è valutare obiettivamente quanto la propria idea sia fattibile, altrimenti rischia di rimanere solo un bel sogno… o peggio ancora di trasformarsi in un brutto incubo! Evitiamo quindi gli errori più grossolani e cominciamo col conoscere il mercato potenziale, cioè i clienti e i concorrenti, per non trovarci a forzare un bene o un servizio in un mercato già saturo, senza capire quali sono i bisogni ancora inascoltati dei consumatori. Il business plan è un altro strumento semplice ma indispensabile: serve ad individuare gli obiettivi della nuova azienda, gli strumenti necessari per raggiungerli, i possibili ostacoli e le relative soluzioni: più variabili vengono previste nel business plan, meno brutte sorprese si incontreranno. Altro passo fondamentale è curarne la visibilità, on-line e off-line, ma soprattutto essere sempre pronti a cambiare obiettivi e strategia quando gli eventi lo impongono. Le “aziende fossile” o che reagiscono come tartarughe ai cambiamenti di solito non vano molto lontano: oggi le aziende sono in perenne fase di start-up.
Una volta che abbiamo vagliato i fattori principali da non sottovalutare, possiamo lasciare spazio all’intangibile, ovvero a tutti quegli elementi difficili da valutare oggettivamente, ma indispensabili per chiunque voglia lanciarsi nell’avventura della propria vita. Parlo di creatività, genialità, entusiasmo, coraggio, intuito, tutti elementi difficili da soppesare nell’immediato ma assolutamente imprescindibili e immancabili in chi ce la farà. E l’esempio migliore a tal riguardo ce lo danno proprio i giovani, anzi giovanissimi, coloro che in tenera età hanno avuto il coraggio e la forza di intraprendere un nuovo business, unito alla perseveranza e alla caparbietà di chi fa fronte a testa alta alle inevitabili difficoltà.
Nel mondo ci sono moltissimi esempi di giovani imprenditori che grazie ad un’idea geniale e a tanto tantissimo impegno sono riusciti a fondare compagnie solide, in costante espansione e che annoverano già fatturati da capogiro, soprattutto se pensiamo alla giovane età di chi li ha fondate, spesso partendo da una semplice manciata di dollari. Eppure sono proprio loro, i “baby-imprenditori”, che ci danno gli esempi più lampanti di impegno, innovazione e creatività a sette cifre. Un motivo? Innanzitutto perché credono ancora che realizzare i propri sogni sia possibile e poi per quel naturale entusiasmo e quella irrefrenabile voglia di fare che abbiamo tutti a quell’età. Basta come ingrediente per avere successo? Certo che no, però è sicuramente l’inizio, il trampolino di lancio, la base dalla quale tutto prende forma.
Per alcuni di loro aprire un’azienda e portarla al successo è stato veramente un gioco da ragazzi: Leanna Archer alla tenera età di 11 anni ha fondato la Leanna's Inc e realizza otto tipi di prodotti biologici per capelli privi di additivi chimici. Nel 2010 la sua società ha avuto introiti superiori ai 100.000 dollari e si aspetta che il giro d'affari oltrepassi i 300.000 dollari per la fine del 2011. Robert Nay è un 14enne americano dello Utah che ha trasformato la sua passione per i videogame in un vero e proprio business: a due settimane dal lancio, il suo primo gioco Bubble Ball è stato downloadato più di due milioni di volte. Lizzie Marie Likness voleva fare la cuoca da quando aveva 2 anni. Nel 2007 ha realizzato Lizzie Marie Cuisine, un sito in cui insegna ai bambini come cucinare cibi sani divertendosi. Ora ha 11 anni ed è già sulla buona strada per diventare una delle più affermate chef d'America. Jason Brian a soli 21 anni ha investito meno di 10.000 dollari per la creazione di un sito, Autocricket.com, per orientare le persone in cerca dell'automobile giusta. La sua fonte di guadagno è la vendita di informazioni sui consumatori ai produttori e ai rivenditori di auto. Il portale ha generato 1,2 milioni di dollari di introiti nel 2009 e 6 milioni nel 2010. A Farrhad Acidwalla per diventare un imprenditore sono bastati i 10 dollari che gli hanno dato i suoi genitori quando aveva 13 anni: oggi la sua Rockstah Media si occupa di branding, marketing e sviluppo web e dà lavoro a 42 persone. A soli 18 anni Joshua Dziabiak ha venduto la sua prima società di domini Internet, Mediacatch, e ha reinvestito parte del ricavato in altre società tra cui Showclix, un sito che permette a musei, sale concerti e altri enti di vendere biglietti online, per telefono o al botteghino. Nel 2010, le commissioni sui biglietti hanno fatto entrare nelle casse di Showclix 9 milioni di dollari. Solben, un'azienda green che progetta e realizza uno strumento per estrarre olio dalle piante e generare biodiesel, è stata creata da un ventenne messicano di nome Daniel Gómez Iñiguez.  Nel primo anno di attività la società, che ha sede a Monterrey (Messico), ha avuto introiti per oltre un milione di dollari e dà lavoro a 15 persone. La passione per la musica è stata invece la fortuna di Milun Tesovic, un ragazzo che nel 2002, a soli 16 anni, ha creato un sito internet in cui raccogliere i testi delle sue canzoni preferite. Oggi il suo sito, Metrolyrics.com, vanta un database con oltre 2 milioni di testi di canzoni, dà impiego a circa 20 persone e guadagna attraverso la pubblicità on-line. Nel 2004, Jamie Murray Wells aveva 21 anni, studiava all'università e doveva comprare un nuovo paio di occhiali. Spaventato dal prezzo, 300 dollari, ha deciso di creare una società on-line che vende occhiali a basso prezzo, la Glasses Direct, che ha sede a Londra e oggi conta circa 70 impiegati, con un ricavato pari a 2 milioni di dollari già nel primo anno di vita, per salire a 5 milioni nel 2010. Fraser Doherty è un ragazzo scozzese che nel 2002, alla tenera età di 14 anni, ha iniziato a preparare marmellate e confetture nella cucina di casa. L'azienda che ha fondato, la SuperJam, è riuscita a guadagnare nel 2009 ben 1,2 milioni di dollari, è in costante crescita e gode già di fama internazionale.
E qui da noi cosa si dice? Che siamo giovani fino a 40 anni! O meglio, questa è l'età fino alla quale Confindustria considera un imprenditore giovane, forse perchè di ragazzi under 30 che raggiungono il successo ce ne sono sempre meno. In Italia gli imprenditori 70enni sono più degli under 30, come dimostrano i dati di Unioncamere secondo i quali le aziende possedute da chi ha meno di 30 anni sono il 6,9%, mentre 296mila imprese (l'8,8% del totale) appartengono a ultrasettantenni. L'età del successo, invece, sta nel mezzo: il numero maggiore di capi d'azienda italiani si riscontra nelle classi di età intermedie, tra i 30 e i 50 anni.
Sicuramente in altri Paesi accedere a un finanziamento è più semplice: basta avere una buona idea e un piano di azione coerente e le banche sono disponibili a valutare la nuova proposta e la buona volontà, anche dei giovani. Qui invece il paradosso è che prima verificano se hai già i soldi, mentre dell’idea e della buona volontà se ne fanno poco o nulla, a meno che non sia accompagnata da valide garanzie. Questo atteggiamento non aiuta certo le nuove generazioni ad aprire un loro business e posticipa costantemente l’età in cui i nostri “giovani” imprenditori riescono a mettersi in proprio. C’è anche da dire, però, che spesso non ci proviamo nemmeno, che in altri Paese pur di inseguire un sogno i ragazzi sono disposti a lavorare come lavapiatti tutti i giorni dopo scuola pur di racimolare un gruzzoletto da investire in un progetto, mentre qui sogniamo ancora il posto fisso e nel frattempo ci facciamo mantenere da mamma e papà. E’ una questione culturale, oltre che economica: negli Stati Uniti avere poco più di 20 anni ed essere titolari di un business è pressoché normale, da noi no. E pensare che secondo gli esperti l'età migliore per arrivare all'apice della carriera come imprenditori è proprio quella tra i 25 e i 27 anni, quando la creatività è al massimo livello e si è pronti per avviare nuove start up, soprattutto in alcuni settori come il web.
Questo ovviamente non significa che dobbiamo diventare tutti imprenditori né tanto meno che lo dobbiamo fare per forza da giovani. Significa però che crederci (soppesando al contempo le difficoltà) è sicuramente il fattore determinante, quello che ci dà quella spinta propulsiva che solo il raggiungimento di un obiettivo importante può dare. Significa anche saper trovare nel proprio lavoro, anche quello che già svolgiamo, quell’input creativo che avevamo da tempo abbandonato, quella capacità propositiva magari sopita. C’è sempre un modo per innovare, per inventare, per migliorare: è una questione di intuito, di competenza e di cuore… e niente sarà più facile che trasformare il sogno in realtà.