martedì 2 agosto 2011

te lo do io l'asilo

Riuscire a conciliare vita professionale e vita privata è un obiettivo comune a molte donne che sono quotidianamente combattute fra scelte importanti: carriera o famiglia?
Mi riferisco in particolare a tutte quelle donne che si trovano ad affrontare un lavoro a tempo pieno e una famiglia da gestire. Se poi per famiglia intendiamo un nucleo che conta al suo interno la presenza di uno o più bambini piccoli, la questione si complica ulteriormente.
La soluzione “asilo nido”, pubblico o privato che sia, non è sempre praticabile: il numero di posti disponibili è spesso insufficiente, gli orari sono poco flessibili, le strutture scarse e mal distribuite sul territorio e le rette mensili piuttosto salate e quindi non accessibili a tutti. 
Le conseguenze di un’offerta insufficiente di servizi dedicati alle mamme lavoratrici si vedono nell’innalzamento progressivo dell’età in cui si decide di avere il primo figlio, nella forte percentuale di donne che abbandonano il lavoro per dedicarsi a tempo pieno alla famiglia e in una media nazionale di donne inoccupate a dir poco imbarazzante rispetto agli altri Paesi Europei.
I dati ISTAT sull'occupazione femminile dipingono una scenario sconfortante: solo il 47,2% delle donne italiane in età da lavoro ha un impiego, contro la media Ue del 57,2% e contro il 70,3% degli uomini. Questo significa che in Italia lavora solo una donna su due in età produttiva! 
Abbiamo invece ottenuto un bel secondo posto per anzianità in Europa, con una popolazione che censisce 143 anziani ogni 100 giovani, dato determinato non solo dalla buona qualità di vita, ma anche e soprattutto da un tasso di natalità che si attesta a 1,41 figli per donna, inferiore tra quelli europei solo alla Germania. 
Oltretutto la mancanza di misure adeguate che consentano di conciliare vita professionale e vita privata può influire sulla decisione di non avere figli o di averne di meno, scelta che pone una serie di problemi sul piano dell'invecchiamento della popolazione e della futura offerta di manodopera, fino a causare una vera e propria stagnazione economica. 
Nei Paesi in cui troviamo invece condizioni più favorevoli per quanto riguarda i servizi di assistenza all'infanzia, di congedo parentale e di formule di lavoro flessibili, sono più elevati sia il tasso di occupazione femminile che il tasso di natalità.
In Italia invece, nonostante il progressivo aumento dell'offerta di servizi di assistenza all'infanzia, la loro disponibilità non soddisfa ancora gli obiettivi, in particolare per quanto concerne i bambini al di sotto dei 3 anni. Di conseguenza il tasso di occupazione femminile rimane basso, mentre è elevato il tasso di abbandono lavorativo da parte delle donne alla nascita del primo o del secondo figlio, calcolato attorno al 27,1%.
Per ovviare a questo problema molte grandi aziende, soprattutto all’estero, hanno da tempo cominciato ad aprire al loro interno dei veri e propri asili nidi aziendali, in modo da offrire alle dipendenti un servizio che soddisfi un loro bisogno primario. In questo modo loro si sentono supportate dall’azienda nella scelta di avere figli e l’azienda sa di poter contare sulle proprie collaboratrici anche una volta diventate mamme.
Anche qui da noi cominciano a vedersi i primi nidi aziendali. E se tale politica è stata finora adottata principalmente dalle grandi aziende, non significa che le medio-piccole non possano fare altrettanto.
Realizzare un nido aziendale, infatti, non rappresenta solamente una forma di attenzione alle esigenze dei propri collaboratori, ma anche un adeguamento alle necessità del contesto sociale in cui l'impresa opera, con conseguente giovamento dell’azienda stessa.
Sono molti gli effetti benefici che un’impresa può ottenere realizzando un nido aziendale:
- garantire il rientro delle lavoratrici dalla maternità in tempi più rapidi e in modo meno traumatico
- ridurre il tempo impiegato dai dipendenti nell'accompagnare i figli in altre strutture
- aumentare le possibilità di carriera delle mamme lavoratrici
- migliorare la qualità di vita dei collaboratori 
- fidelizzare maggiormente le risorse umane 
- migliorare il clima aziendale
- aumentare il prestigio e l’immagine dell’azienda
- creare rapporti di collaborazione con le amministrazioni locali 
Ovviamente, prima di procedere ad un’iniziativa del genere, è fondamentale che l’azienda conosca precisamente le esigenze dei propri dipendenti. L’analisi della domanda rappresenta infatti un passaggio fondamentale per la progettazione e l’avvio di qualsiasi servizio.
In questo caso, qualora si pensasse concretamente alla possibilità di aprire un asilo nido nella propria azienda, il consiglio è quello di raccogliere dati certi attraverso un questionario da somministrare ai propri collaboratori (sia donne che uomini, sia genitori che nonni) atto a raccogliere alcune informazioni essenziali: da quante/quali persone è composto il nucleo famigliare, l’interesse a far frequentare al proprio figlio/nipote un nido aziendale, l’età del figlio/i o del nipote/i, se interessati ad una frequenza full-time o part-time, l’aspetto che ritengono più interessante di un eventuale asilo aziendale (flessibilità degli orari, vicinanza, rette agevolate, ecc.). 
In seguito alle rilevazioni fatte ci si potrebbe anche accorgere che nella propria azienda il numero dei bambini interessati è troppo esiguo per poter attivare un nido aziendale. In questo caso può essere valutata l’opportunità aprire un nido interaziendale, coinvolgendo nel progetto anche le aziende limitrofe, in un’ottica di network aziendale per il benessere dei propri collaboratori.
Le imprese che decidono di aprire un nido, sia aziendale che interaziendale, possono scegliere fra una forma di gestione diretta o indiretta  e conseguentemente individuare le forme giuridiche più opportune. Per gestione diretta s’intende la scelta di aprire nella propria struttura un asilo nido, sfruttando gli spazi dell’azienda e personale assunto dall’azienda stessa, mentre nella gestione indiretta il servizio viene affidato ad un gestore esterno (cooperativa, ecc.).
Le spese da considerare sono i costi di investimento (investimento iniziale e relativo ammortamento) e i costi di gestione (costi correnti, assicurazione, eventuale affitto di uno spazio esterno, acquisto del materiale di consumo, manutenzione). L’impresa che intenda avviare un asilo nido aziendale può comunque usufruire di diverse forme di finanziamenti agevolati sulle opere di adeguamento e di allestimento degli spazi.
Si potrebbe inoltre considerare anche la possibilità di accogliere all’interno del nido aziendale anche bambini “esterni”, cioè figli di persone che non lavorano all’interno dell’azienda ma che magari vivono in zone limitrofe. Maggiore è infatti il numero di bambini iscritti e minore è l’ammontare della retta mensile per ogni singolo frequentante. 
Riuscire a contenere la retta mensile è un’ulteriore bonus che potremmo garantire ai nostri collaboratori, senza dimenticare un’altra importante questione: considerare parte della retta come benefit aziendale.
Certo, la creazione di un asilo nido aziendale deve rispondere innanzitutto ai bisogni dei bambini, attorno ai quali ruota l’intera iniziativa, ma innumerevoli sono le conseguenze positive che concorrono anche alla soddisfazione degli interessi delle imprese e dei loro dipendenti.
Aprire un asilo aziendale, infatti, non solo aumenterebbe la serenità e la fedeltà dei tuoi collaboratori, ma gioverebbe economicamente anche al benessere della tua azienda. Pensaci.
Articolo di Camilla Targher, pubblicato sul Magazine Migliorare Anno III n. 7, 2011